Qualche anno fa, improvvisamente ci siamo accorti che internet era un luogo che non potevamo più lasciare. Patricia Lockwood ha iniziato a tenere un diario di come ci si sentiva ad essere lì, nei giorni della sua disintegrazione, che corrispondeva anche alla disintegrazione della sua mente. Il suo interesse non era accademico. Non le interessava la Singolarità, o l'aumento delle macchine, o altro.
Le interessava la sensazione che i suoi pensieri fossero dettati da qualcuno o qualcosa. Le importava della "mente collettiva", che sembrava avere la febbre. Se riuscissimo a fuggire, a uscire dal grande cranio e a respirare l'aria fresca, se Twitter fosse chiuso per crimini contro l'umanità, cosa staremmo perdendo?
Il flusso sanguigno delle notizie, il consenso entusiasta, la danza al ritmo del tempo. Il portale che ci ha detto, ogni volta che l'abbiamo aperto, esattamente quello che stava succedendo ora. Le è sembrato opportuno scriverlo in terza persona perché non si sentiva più come se stessa. Ecco come è cominciato.
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