Il nuovo film basato sul manga/anime di Masamune Shirow uscirà il 17 settembre negli USA, dopo il debutto mondiale giapponese lo scorso aprile. Il maggiore Motoko Kusanagi farà solo una breve comparsa come un "frammento della sua personalità". Il che è un peccato.
Oshii riprende i temi che avevano fatto notare il primo film alla mostra del cinema di Berlino e confeziona un'interessante riflessione sulle ragioni che ci spingono (e ossessionano alcuni ingegneri giapponesi) a costruire simulacri di noi stessi, completamente differenti in ogni minimo dettaglio interno, perfettamente - iperrealisticamente - identici all'esterno.
La trama scorre parallela a "I, robot" di Proyas, ispirato liberamente ai romanzi sui robot di Asimov. Un "gynoid", un androide che ricostruisce perfettamente le fattezze di una prostituta, comincia a massacrare i clienti, dando il via ad una specie di rivolta. Batou, il fido assistente del maggiore Kusanagi, deve districare il bandolo della matassa. Suona tutto molto Blade Runneriano, con i prodromi di Matrix. Ma la contaminazione uomo-macchina si spinge ben oltre. Il "sogno dell'unicorno" e l'origami finale rivelavano chiaramente che Deckard era un replicante nel director's cut. Batou è già un cyborg come Motoko e la "gynoid" è una bambola meccanica in tutto e per tutto come lo era il "puppet master". E i giapponesi ritengono che le bambole abbiano un anima. Lo "spirito nel guscio" è sempre lì al centro dell'attenzione.
Oshii sa vedere molto lontano e, dopo 9 anni dal precedente, il film era in concorso al festival di Cannes di quest'anno.
"Innocence"