Per la serie: "cosa si puo' tirar fuori ancora da Lucky Star": il moe.
E' uno di quei concetti nipponici facili da capire ma non da spiegare, infatti viene spesso confuso con il complesso di Lolita (lolicon). In realta' il moe e' piuttosto la passione per un personaggio, o un archetipo, e di conseguenza e' soggettivo, quindi genera discussioni, classifiche ed un inevitabile seguito. Il termine e' conciso e la sua fortuna dilagante deriva anche dal doppio senso con la parola moeru (ardere di passione). Un gattino e' kawaii (carino), non moe, ma lo puo' essere il cosplay di un gatto.
L'etimo e' dubbio ma alcuni lo fanno risalire al personaggio di Clarisse, in "Lupin III e il Castello di Cagliostro" di Miyazaki. Il suo "signor ladro" al delinquente creato da Monkey Punch era indimenticabile. Il severo maestro Hayao comunque non ama questo trend che coinvolge soprattutto eroine sdolcinate e sottomesse e lo ha dimostrato lungo tutto l'arco della sua carriera passando dalla vivace Heidi e l'eroica Nausicaa alla selvaggia principessa Mononoke dal viso imbrattato di sangue.
Questa tendenza, come sempre succede, ha contribuito a creare il successivo anello della catena, il postmoderno movimento artistico superflat, fondato da Takashi Murakami.
Konata, sempre da Lucky Star
Le quattro leggi del "moe" - un personaggio dev'essere carino, giovane, innocente ed eccentrico.
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